COME PASSARE L’INVERNO SENZA PARLARE CON LE SEDIE

 

 “…Now no one’s knocked upon my door

For a thousand years or more

All made up and nowhere to go

Welcome to this one-man show.

Just take a seat they’re always free

No surprise no mystery

In this theatre that I call my soul

I always play the starring role … ” 

The Police – So Lonely (Beat Club performance) 

Sembrano anche a voi millemila anni da quando avete fatto un festone a casa con così tanta gente, distanza fisica inesistente e fuori controllo che il giorno dopo vi sembrava di essere sul set di Apocalypse Now? 

Non vi pare di un’altra vita il tempo in cui uscivate per raggiungere gli amici della “compagnia” che vi accoglievano tra abbracci, pacche sulle spalle e saluti da b boys and b girls improbabili? O, non sono davvero passati in un salto quantico saecula et seeculorum da quando siete andati ad un concerto a contatto così affollato da regalarvi una sauna compresa nel prezzo? O ad un dj set dove sei in modalita’ contatto pelle con perfetti sconosciuti uniti da uno stesso karma? O ancora: una serata al cinema seduti spalla a spalla; un compleanno; una cena con amici con fiumi di vino e chiacchiere come solo noi italiani (vabbe’ latini in genere dai) sappiamo rendere: caotica, animata e vitale? 

Va bene, va bene, la smetto. Percepisco al di la’ dello schermo una certa emozione e l’occhietto lucido mi dice che si’, sembra anche a voi molto tempo fa, e la vostra pazienza (e speranza) a volte e’ ancora messa a dura prova. Molto umano, molto normale, e’ bene ricordarselo e ripeterselo.

A proposito di winter blues, mi sono imbattuto in un recente articolo della BBC che riporta quanto la solitudine sia un fenomeno particolarmente sentito in questa stagione. Lo so, e’ scontato, certo, ce lo aspettavamo no? ma sono pur sempre dati  interessanti per farci riflettere e, ancora meglio, farci agire di conseguenza per alleviare il proprio disagio o quello altrui, eccovi qualche stralcio:

The start of November, with darker evenings, saw 8% of adults who were ‘always or often lonely’ representing 4.2 million peopleFigures also show that 5% of adults – representing 2.6 million people – had not left their home for any reason in the previous seven days.”

Lockdown loneliness reaches record levels 

Ora, vi consiglio vivamente di leggervi l’articolo, anche perché spero proprio non vogliate fare la fine della mia cara nonnina che parla con la TV, col gatto, col cane, con le foto del nonno, con i cucchiai e anche con le macchie d’olio sulle camice, ho reso l’idea? Quando le chiedo se ne vuole parlare con me, mi dice: “ma va la’, e’ normale Edo, non sono l’unica, hai letto quella cosa sul signore che parla alle sedie?” “uh?!”

The man who was so lonely he talked to chairs 

Si vede che anche la nonna ogni tanto naviga il sito della BBC, anyway… dicevo, vi consiglio di leggere al link che vi ho dato, anche perché ci trovate altre chicche del momento, che ci fanno sorridere e ci ricordano che non siamo davvero soli. Come la video-intervista a Marjorie Wells, 91 anni, in cui ci suggerisce qualche tecnica spicciola per combattere la solitudine: “count your blessings, name them one by one”. Ma anche links ad esperienze come quella di una giovane madre che combatte la solitudine con la poesia o come le Apps sociali e di gaming possano essere di aiuto per i più giovani o magari come gestirsi un appuntamento galante durante una pandemia, rieccolo: Lockdown loneliness reaches record levels. Non dimentichiamo poi che esistono anche risorse efficaci di aiuto online, se e quando necessario: Emotional Distress: Information and Support

Se dopo avere letto l’articolo e le risorse vi sentite ancora soli, e questo vi butta giu’, e vi butta giu’ oggi, e vi butta giu’ domani, dopodomani… mandatemi pure un messaggio per un appuntamento (online o di persona nel dopo lockdown) e saro’ ben felice di fare una chiacchiera informale di conoscenza. Parlare fa bene.

Nel frattempo, se la giornata e’ particolarmente cupa, fatevi una tisana, accovacciatevi sul divano o poltrona preferita, mettevi un sottofondo di musica da piano e guardatevi come tanti come voi stanno passando questo periodo e ne usciranno, come voi, con gloriosa forza e voglia di vivere da vendere!

Indoors Exhibition — Wellcome Centre for Ethics and Humanities 

ENTRA NEL CERCHIO

https://youtu.be/XK70d54lWF4

Bentornati! Vi e’ mancato il post risorsa? Due settimane son troppo lunghe? Comunque sia oggi voglio fare centro, voglio essere coinciso e, con vostra grande sorpresa, questa volta la risorsa bisettimanale è una sola. Lo so, lo so, siete abituati/e ad una serie di links da cui scegliere ma ho deciso così per una buona ragione, vorrei che realmente dedicaste la vostra attenzione a questo unico suggerimento, un video di pochi minuti, ma molto potente. 

Perché ‘entrare nel cerchio’ non è facile, fare il primo passo non e’ facile. Esporsi, mettere l’anima a nudo, non è facile.

Nel video si notano come tutti abbiano qualcosa per cui entrare nel cerchio, ma alcune persone non riescono a fare quel passo che solo loro (solo te) possono decidere di fare. Senza quel primo passo, tutto rimane come prima. Se quel prima è un disequilbrio, un ‘fare fatica’ con se stessi e con gli altri, un disagio, ecco, quello, non cambierà di certo lasciandolo li, inascoltato. Lo ripeto: senza un primo passo per entrare nel cerchio, non cambierà nulla.

Gli individui nel video sono delle persone con un background e un vissuto di gravi svantaggi, di disequilibri pesanti e avranno di conseguenza un gran lavoro da fare, una sfida non di poco conto da affrontare. Però nel momento in cui è stato girato il video hanno avuto anche una grande fortuna; la fortuna di qualcuno disponibile e capace, che facilita il percorso di riequilibrio, qualcuno che offre un cerchio dove entrare, per liberare, riconoscere, e non avere timore o vergogne per i traumi subiti in passato, spesso da parte di persone che a loro volta ne hanno subiti.

La maggior parte di noi invece ha la fortuna di non avere avuto quel tipo di esperienze così profonde, ma d’altro canto non ha neanche nessuno che ci facilita il lavoro pur sempre a volte necessario, nessuno che possa offrire un cerchio in cui entrare, per liberare dei grandi o “piccoli” traumi (chi stabilisce la dimensione? la portata?). Senza neanche un metaforico cerchio, i blocchi e i disequilibri rimangono non affrontati e ce li si potrebbe portare dietro tutta la vita, potenzialmente trasmettendoli anche a chi ci sta intorno. 

Tu che fai? Lo vuoi cercare un cerchio in cui liberarti? 

Io non posso sapere chi sei e venirtelo a offrire ma è il mio lavoro, creare un cerchio per quanto possibile accogliente e sicuramente non giudicante, per chiunque voglia parlare di traumi o potenziali tali. Contattami senza impegno.

Se non ora, quando?

CIAO, ESCO, VADO A PRENDERE UNA BOCCATA D’ANSIA

 

2a PARTE

We’re leaving together, but still, it’s farewell

And maybe we’ll come back to Earth, who can tell?

I guess there is no one to blame

We’re leaving ground (Leaving ground)

Will things ever be the same again?

It’s the final countdown “

( The Final Countdown bu Europe – video )

Sara’ questo secondo lockdown, sara’ che ultimamente mi va di dividere le cose in due parti (perché in due? E che ne so’! Misteri della psicologia, dovrei autoanalizzarmi) o forse sara’ che circa cinquecento parole che mi son dato come media di ogni post non mi bastano più. Insomma sara’ quel che sara’ come diceva una famosa canzone, di fatto eccoci appunto al secondo lockdown e di conseguenza al secondo post della serie “usciamo a prendere una boccata d’ansia”.

Vi siete persi il primo post del maggio scorso? Do not worry, e’ sempre attuale, qua: 

ESCO, VADO A PRENDERE UNA BOCCATA D’ANSIA

Potrei riprendere il discorso in maniera leggera e favolesca, tipo “C’era una volta…l’ansia da metropolitana”, ricordando tempi che sembrano passati da secoli, quando alcuni siti italiani pubblicavano liste con il grado di “stress” di stazioni e linee metropolitane varie, sul serio, e’ tutto documentato qua:

Ansia da metro? Ecco le 10 linee più stressanti di Londra 

Ora che invece l’Underground e’ semideserta (lo e’? Non ci vado da tempo ma presumo) potremmo individuare forme d’ansia e di stress del tutto nuove e identificarle con delle etichette creative come quelle che danno di solito i giornalisti sui media blasonati. Si potrebbe parlare di “Ansia da nuovo Lockdown”; “Ansia da DCPM”; “Stress post traumatico da Pandemia”; “Sindrome da stress Covid 19” e chissa’ quante altre varianti ci saranno. 

Di fatto la questione e’ seria, e come dice l’articolo che ho trovato sul sito di BBC, l’ansia puo’ arrivare in forme ed intensita’ diverse, si va da una cosa gestibile a ansie più severe per cui ci vuole un intervento, un aiuto. Pero’ il problema di solito e’ che spesso chi vive di ansia e/o fobie (uno su dieci ci passa ad un certo punto della sua vita) non chiede aiuto.

Coronavirus: What is anxiety and how can I get help?

Un altro superinteressante articolo sul tema, tra l’altro suggerito da una di voi che ringrazio ‘pubblicamente’ qui anche per un apprezzatissimo feedback (Tu sai chi sei), e’ apparso di recente su ‘La Repubblica’, ed io, il ladro di notizie a tema, taglio e incollo per voi qua sotto. 

Anche perché chi non ha punti interrogativi su questo “cambiamento del mondo esterno: perdita del lavoro con conseguente peggioramento delle condizioni di vita, lutti da elaborare per la perdita delle persone care e relazioni sentimentali, amicali e professionali in grande trasformazione”?

Pandemia, lo stress post traumatico che si riattiva ad ogni ondata del virus

Rieccoci, siamo a circa cinquecento parole ed io da bravo OCD mi fermo e vi saluto e vi rimando alla prossima occasione o ad una chiacchiera informale se vi serve approfondire con me.

Intanto vi lascio con un po’ di musica per l’occasione, come spesso succede da queste parti,  questa volta mi faccio aiutare da Rolling Stone Italia, che propone oltre al Final Countdown che vi ho citato in apertura altre chicche del pop mondiale senza tempo come l’intramontabile Frank Zappa con “Why Does It Hurt When I Pee?”, curiosi? Allora cliccate qua sotto mentre io vado a vedere che succede di la’, anche con le porte chiuse, sento forte e chiaro qualcuno intonare (per usare un eufemismo), con voce rauca da fronmant Death Metal e a volume decisamente spaccatimpani: 

“ITZ DE FAINAAAAL CAUNTDAAAUUUUUNNNN!!!”. Chissa’ chi e’, voi che dite? 

10-canzoni-per-esorcizzare-lansia-per-la-fine-del-mondo 

Il LOCKDOWN SUCKS, PUNTO.

 

Aka: CONSIGLI PER PROVARE A RIMANERE SANI DI MENTE

Se c’è soluzione perché ti preoccupi? 

Se non c’è soluzione perché ti preoccupi?”

– Aristotele –

(citazione di una citazione da: LA PSICOLOGIA DELL’INCERTO

PS autocitazione di un mio articolo)

Eccoci, ci risiamo, si’ lo so, gli scienziati lo aveva anticipato, eravamo stati avvertiti, ma… speravamo comunque che si sbagliassero. Ora la cruda realta’ ci sbatte in faccia una nuova chiusura, anche se più’ blanda con scuole aperte, pero’ psicologicamente e’ pur sempre una botta che anche se facciamo finta di nulla tutti, indistintamente, in qualche modo, accusiamo.

E io che faccio? Ci siamo gia’ capiti, uso questo post bisettimanale di risorse per darvi delle risorse per fare fronte al nuovo lockdown, far fronte al lungo inverno inglese (o italiano, o americano o ovunque vi troviate con l’inverno) e se vi ci mettete con impegno alcuni di questi consigli vi potranno essere pure utili per fare fronte a incontri/scontri con suoceri, generi, nuore, nipoti, genitori, figli e parenti vari incattiviti dalla chiusura fisica e mentale di questi tempi.

Se non ce la fate con questi, allora mettetevi in contatto, senza impegno, che la soluzione si trova sempre, insieme.

Links per affrontare un secondo (ultimo? mmmh…) lockdown:

VADEMECUM PSICOLOGICO CORONAVIRUS – Consiglio Nazionale Ordine Psicologi –  

I’m So Bored! – An overlooked effect of the COVID-19 pandemic lockdowns   

Tips for managing mental health during COVID-19 

IoRestoACasa – Risorse gratuite per il tuo coprifuoco 

HOME SWEET HOME E LE GABBIE PER TIGRI 

LA FELICITÀ NELL’ERA DEL CORONA VIRUS

LA PSICOLOGIA DELL’INCERTO (ancora? Si’ perché sopra non lo avete cliccato 😉 ciao)

Vebbe’ vi lascio con questi, avete da leggere per tutto l’inverno. 

Alla prossima, io ci sono comunque neh! 

PREVENZIONE? PER LA TUA SALUTE MENTALE ORA PIÙ CHE MAI

 

– Part 2

My friend is so depressed

He wishes he was dead

I swam inside his head

And this is what he said

Help me, help me

Won’t someone set me free?

There’s no right side of the bed

With a body like mine and a mind like mine

(Video: Idles: 1049 Gotho)

Chi vuole diventare come l’amico della canzone degli Idles alzi la mano. Bene, per fortuna non vedo nessuna mano alzata. Allora vi interessera’ questo post sulla prevenzione. 

In realta’ questo e’ la seconda parte di un post scritto un paio di settimane fa sempre sul discorso prevenzione. Poi e’ successo che la cara nonnina, dopo essere stata praticamente chiusa in casa per mesi e mesi, mi e’ andata in loop di paure ed ansie create da questo infame periodo (passatemi il francesismo), quindi c’e’ stata la pausa con un post dedicato ad un interessantissimo podcast che ci ha spiegato come trasformare le proprie paure ed ansie in benzina per il cervello (a proposito ve lo consiglio vivamente se non l’avete ancora letto lo trovate qui: PREVENZIONE? PER NONNA LA TERAPIA E’ PER “I MATTI”, la nonna ora e’ in loop di ascolto podcast). 

Quindi ora appunto torniamo a bomba sull’argomento che, mai quanto in questo periodo, e’ di attualità’ importantissima per la nostra salute mentale o per quella dei nostri cari. La prevenzione.

Nella prima parte vi avevo dato un link ad un PDF in Italiano piuttosto illuminante su cosa sia realmente la prevenzione e perché dovremmo tutti praticarla, anche e soprattutto a riguardo di salute mentale. Oggi vi propongo un link in inglese, un articolo di un’autrice, Kimberley Wilson, che spiega, sue parole: “While, of course, counsellors and psychologists are trained to help clients to recover from trauma, much of our work is taken up with the task of helping our patients to live well. “, per poi sfatare alcuni miti che purtroppo circolano ancora a proposito di terapia.

In particolare la Wilson vi parlerà’ di come una “terapia” preventiva non sia per forza legata a nessun tipo di trauma che potremmo avere avuto, invece si parla più di vita ‘normale’ di ognuno di noi; o anche di come non sia strettamente necessario parlare di cose che non volete, di un certo passato o dei vostri genitori (anche se spesso aiuta); di come non sia una ‘perdita di tempo’ perché tanto ti facciamo solo parlare e siamo sempre carini e disponibili (a volte bisogna invece lavorare duro su noi stessi e noi vi aiutiamo a farlo); di come si possano risolvere alcune questioni o avere dei buoni attrezzi di prevenzione in poche sedute; di come inoltre i professionisti siano appunto professionisti nel loro ambito, per cui van bene amici e famiglia ma ad ognuno il suo, come si dice;  e di come, infine, la terapia non e’ mai omofobica, sembra assurdo nel 2020 ma bisogna ricordarlo ogni tanto, l’appartenere e riconoscersi in un determinato gender non e’ motivo di discriminazione o stigma. 

Ma eccovi l’articolo originale:

7 myths about therapy, busted by Psychologist Kimberley Wilson  

A proposito, nonna ora e’ una fan di Kimberle Wilson e, tra un podcast di neuroscienza e l’altro, si sta leggendo un libro che vi consiglia caldamente::

How to Build a Healthy Brain: Reduce stress, anxiety and depression and future-proof your brain   

Va bene cari, vi lascio, ma se aveste mai qualcosa di cui parlare o se siate ‘semplicemente’ interessati/e a prevenire piuttosto che curare disequilibri mentali ed emotivi, come si dice in UK: just give me a shout. 

Ci sono di persona a Londra salvo future restrizioni e ci sono sempre e comunque online.

Buona prevenzione.

PREVENZIONE? PER NONNA LA TERAPIA E’ PER “I MATTI”

 

– Part 1

Io voglio bene alla mia cara nonnina, anche quando mette alla prova la nostra relazione, come quando afferma che la terapia sia per chi, sue parole, “non ha le rotelle a posto”, ci crede fermamente, bless her.

Per fortuna c’è chi educa le nuove generazioni e mi sento rincuorato quando mi imbatto per caso in dichiarazioni come questa:

… Per quanto riguarda il discorso della prevenzione in generale, lo psicologo può senz’altro venire interpellato anche da coloro che, pur non avendo particolari disagi, desiderano comunque migliorare il proprio rapporto con se stessi e con gli altri, o semplicemente informarsi meglio su determinati argomenti.”

Da LA PREVENZIONE IN PSICOLOGIA

Ora, nel caso foste arrivati/e fin qui e in questo momento state valutando se continuare a leggere perché non avete molto tempo “da perdere” con le elucubrazioni di uno psicoterapeuta italiano a Londra e sua nonna, tralasciate il resto dell’articolo.

Sul serio, non badate a quanto scrivo io andate invece a leggervi il link qui sopra “la prevenzione in psicologia” che, qui lo dico e qui lo nego, vale molto di più e non è una lunga lettura. Praticamente ora amo chi l’ha scritto, chiunque esso sia.

Siete ancora qui? Davvero, non lasciare il link non letto, anzi, fossi in voi farei una cosa, lo scaricherei (è un PDF) e me lo andrei a rileggere con calma, ragionandoci su. Ancora qui? … Guarda che se poi ci dovessimo incontrare in terapia ti interrogo eh? 

Ok, apprezzo la dedizione nel continuare a leggermi, il punto che vorrei sottolineare è che vale sempre la pena assorbire il concetto di prevenzione, in tutti i campi della salute, non credi? (è una domanda vera, insultami pure liberamente nei commenti su Facebook, Instagram o altrove).

A proposito di prevenzione, ho sempre pensato che la frase “prevenire è meglio che curare” fosse stata inventata negli anni ‘80 da una marca di dentifricio. Chi c’era negli ottanta probabilmente sa a cosa mi riferisco,  chi non c’era ahimè ha la sfortuna di essersi perso/a una delle decadi migliori in ambito musicale ma ha anche la fortuna che ora esiste la rete e VaFanClub che ripropone lo spot e,  se il Covid vi ha regalato tempo da buttare in cose sciocche, eccovi il video del promo, un tuffo nel passato : Nuovo Mentadent P 1988 Prevenire è meglio che curare 

A proposito di video di tempi passati e prevenzione, c’è chi ha fatto un remake molto attuale di una famosa canzone di Cecchetto. È in un certo senso inguardabile, ma per chi volesse guardare: 

covid-jouer-la-canzone-per-imparare-le-norme-di-prevenzione/ 

Dicevo, ero ultraconvinto che i pubblicitari avessero trovato una frase veramente azzeccata sulla prevenzione, invece sembra che il concetto l’avesse già proposto qualche annetto prima di loro (solo duemilacinquecento anni prima) un certo Ippocrate. No, non l’Ippo dei pannolini Lines, l’altro, quello che definì le basi del pensiero sulla morale della medicina, nientepopodimeno che’. 

Anyway, a scanso di equivoci, ecco due link che descrivono il lavoro leggermente diverso dei due Ippo…

È ancora attuale il Giuramento di Ippocrate nell’era del digitale? 

Carosello Lines 2 

Nel mentre mi arrovello su questioni etimologiche, nonnina mi vede scrivere e quatta quatta si avvicina e mi gracchia nell’orecchio “voorkomen is beter dan genezen!”, io sussulto e, come al solito stupito dalle sue stranezze, la scruto con sguardo interrogativo e occhio da struzzo. 

Il gracchio continua: “Maddai! che t’abbiamo mandato a scuola a fare? È un detto olandese, Prevenire È Meglio che Curare, altro che Mentadent!”.

Boh!” …poi tento un “Nonna la frase in realtà e’ stata declamata da Ippo…” 

Il gracchio: “Aaahhh il carosello! La pubblicità dei pannolini!”

… vabbè, rinuncio.

Tra noi invece, che si puo’ parlare, bisognerebbe prima capirsi su cosa sia la vera prevenzione, per poi applicarla anche in ambito psicologico, qui uno spunto di riflessione che ho trovato interessante: Prevenire è meglio che curare

Si potrebbe partire da li’, dal concetto di prevenzione come una serie di azioni atte a prevenire, appunto, non ad identificare per poi curare ma proprio a fare in modo che non ci sia futuro necessità di interventi che ‘aggiustino’ un equilibrio rotto.

Vi lascio con questa riflessione, il discorso è interessante quindi lo approfondirò un pochino di più tra un paio di settimane, ne prossimo post in forma di articolo. Dove andremo a sfatare ulteriori miti su psicoterapia e counselling, puntando il dito su cosa non è uno psicoterapeuta e suggerendo alcuni modi di mantenere un cervello in forma ottimale.

Per approfondimenti e chiacchiere mi trovate sempre disponibile.

Alla prossima.

COSÌ LONTANI, OVVERO… FATEVI DELLE DOMANDE

 

Nonnina è innamorata, del nonno, che non c’è più da un po’, ma tant’è, lei, fedele all’idea di quello che è stato, si crogiola nella malinconia sulle note di una canzone mielosa e con voce stridula, a tratti gracchiante, intona: “Doesn’t anybooody staay in one place aaanymooore?”

“So Far Away” video con lyrics.

(La canzone e’ di Carole King,  interpretata da…Nonnina!)

Cheeeese as hell, innit? ma mi piace!”, mi grida dalla camera da letto (si’, lo so, grida sempre), poi continua “Sai caro? Mi sono imbattuta in un articolo di Psychology Today e mi è tornato in mente il nonno, quindi oggi va così, mi lascio andare ai ricordi di una relazione quasi perfetta. Pensa che ho risposto a tutte le domande positivamente tranne la numero 8, e si’ ci amavamo veramente, mica come le coppie di oggi.

Se ti va di leggerlo ti mando il link via Telegram perche’ what’sApp mi fa ca…..! -” Beeeep! (suono di censura).

Anyway (ma quanto sono londinese eh?) eccovi il link, magari aiuta:

9 Questions to Assess the Health of Your Relationship 

Personalmente ho trovato l’articolo interessante, perché sia che abbiate una relazione a distanza, o viviate sotto lo stesso tetto, a volte la relazione può diventare comunque ‘a distanza’, che e’ poi l’opposto del senso di una relazione.  In ogni caso, io un momento per fare il punto della situazione me lo prendo periodicamente. Voi che dite?

Se non ve ne po’ frega’ de meno di leggere l’articolo, eccomi come al solito in vostro aiuto e, voilà! Vi traduco e sintetizzo le domande:

  1. La relazione che hai col partner, in una giornata tipo (quando state insieme), è mediamente di una buona qualità emozionale? 
  2. Ti senti tranquillo/a di parlare onestamente ogni volta che serve? O al contrario sei sempre attenta/o a quello che dici per la maggior parte del tempo?
  3. Se litighi, ehm…mi correggo, quando litighi: riuscite a controllare abbastanza le vostre emozioni? Capite che il litigio non porta da nessuna parte perché entrambe le parti si focalizzano sul “vincere” quella discussione e non sul contenuto? Riuscite a calmarvi abbastanza e discutere questioni difficili?
  4. Riuscite a chiudere il cerchio? Cioè, riuscite a risolvere i problemi? Che non vuole dire aspettare che le acque si calmino, metterci ore o giorni, per poi tornare alla “normalità”, mettendoci la cosiddetta pietra sopra e facendo finta di niente come se nulla fosse successo.
  5. Riuscite a trovare i giusti compromessi? Le cosiddette vie di mezzo, in modo che nessuno dei due debba rinunciare completamente alla sua posizione, personalità, sensibilità  o punto di vista?
  6. Di nuovo: sono di più i giorni ‘sufficientemente’ positivi o quelli negativi? A differenza della domanda n.1 qua parliamo dell’esperienza “quotidiana”. In sostanza fate delle cose (abbastanza) belle quando siete insieme?
  7. Teamwork. Dovrebbe essere un termine di uso comune non solo a lavoro ma anche nella vita privata. Siete un t.e.a.m.? Ricordatevi: Together Each Achieve More  Allacronyms.com
  8. Domandone definitive, racchiuse in una:  Pensi di potere essere te stesso/a nella relazione? 

Che poi e’ simile a: ti senti amata/o per quello che sei, supportato/a? Senti che i problemi si possano risolvere?

  1. Per chiudere (la relazione, no dai, scherzo): Cosa cambieresti? E più direttamente: vale la pena mantenere la relazione, così com’e’, per gli anni a venire?

Se avete tempo, vi consiglio vivamente di leggere l’articolo integralmente al link di sopra. Perché sono domande potenti, non trovate? Ci portano a fare mente locale, a riflettere su alcuni punti strategici di una relazione e ci mettono davanti all’evidenza. Se l’evidenza e’ positiva, allora bingo! Se però l’evidenza scopre qualche questione fondamentale rimasta irrisolta, difficile da affrontare, e non ne venite a capo da soli/e, ma che ve lo dico a fare? Mandatemi un messaggio che ne parliamo, senza impegno. 

A proposito! ho provato a parlare con nonna della sua risposta alla numero 8 e non credo abbia capito bene il senso della cosa, vabbè’, bless her, come si dice qui.

DEPRESSIONE POST PARTUM

 

Vi sembrerà al limite dell’assurda ripetizione dei casi della vita ma mentre mi accingo a scrivere questo nuovo articolo sento un grido, indovinate da dove? Alcuni di voi esultano: Dalla Cucinaaa! Bravi, e sapete pure chi e’? Gli assidui frequentatori di questo blog rispondono in coro: La Nonninaaa!! …

Bzzz! Errato! Zero. Caput. Niet!

E’ il Nonnino!!!

Incredibile, ma prima di continuare, mettetevi su sta colonnina sonora per la lettura:

Cinque canzoni sulla depressione per tirarvi su il morale

Cosi’, di punto in bianco, il nonnino, si e’ deciso di lasciare la terra del sole (Sardegna) in piena estate e venire a trovarmi… e, appunto, mi grida (vizio di famiglia):  “Sembra che capiti ad uno su cinque!!” 

Sta parlando di Depressione Post Partum e si avete letto bene, uno su cinque, UnO, con la “O”.

Quante volte abbiamo sentito parlare di depressione post parto? Tante. 

Se non l’avete mai provata, come ve la immaginate? Proviamo la tecnica della visualizzazione: Chiudete gli occhi, fate un bel respiro ed iniziate ad immaginarla, a vedere nella vostra mente delle scene di vita reale. Cosa vedete?

Vedete una neo-madre dopo una notte insonne, con aspetto serio se non triste, in difficoltà emotiva, psicologica e fisica, alle prese con una nuova vita…. Ok, fermate la scena. Guardate intorno cosa c’e’ nella stanza, immaginate, le cose, le persone, soffermatevi sulle persone… si, ecco, c’è anche il padre ed anche lui ha avuto una notte insonne, e deve andare a lavoro, dove avrà un meeting importante, ed e’ combattuto e stanco perché vorrebbe stare a casa a dare una mano alla stanca compagna, e fare i turni e riposarsi anche lui, ma non può, e si sente in colpa perché in qualche modo e’ irritato dalla piccola nuova vita.  Bando alle ciance, il dovere chiama e si sa’, anche con la morte dentro e nonostante tutta l’evoluzione civile, la ricerca di parità dei sessi e le leggi a riguardo, l’uomo ha ancora troppo spesso appiccicato lo stereotipo del ‘provider’, ancora di più se l’uomo e’ latino, per esempio… Italiano. Insomma deve portare a casa la pagnotta e certo e’ cosi’ ‘forte’ che può benissimo passare attraverso la tempesta quale la nascita di un figlio/a senza accusare minimamente, giusto? 

Sbagliato.

Certo gli uomini sono portati a non parlarne apertamente, per “orgoglio maschile” (buttatelo nel cesso…ehm scusate il francesismo) e per pressioni sociali (buttatele nel…vabbe’ avete capito).

Definiamo meglio di cosa stiamo parlando. Da notare come ancora oggi anche nelle definizioni ufficiali  l’uomo viene ignorato:

“La depressione post partum è un disturbo dell’umore che si manifesta con sintomi depressivi che continuano per > 2 settimane dopo il parto e interferiscono con le attività della vita quotidiana. La depressione post partum si verifica nel 10-15% delle donne dopo il parto.”

Depressione post partum – Manuali MSD Edizione Professionisti

Ma parliamo di depressione post parto degli uomini, eccovi un caso eclatante:

The Father Who Felt Like He ‘Failed As a Man’ Due To Post-Natal Depression | This Morning 

Father tells his mental health ‘spiralled’ after suffering postnatal depression

The Father Who Felt Like He ‘Failed As a Man’ Due To Post-Natal Depression | This Morning 

Quindi, che fare? I consigli sono sempre, come per le donne: Riconoscetela, non sentitevi falliti come genitori o come partners o nel vostro lavoro se rendete meno del solito. Parlatene apertamente e cercate un aiuto professionale se necessario. Come ogni depressione non e’ assolutamente da sottovalutare, anche perché come dice State of Mind: “La PPD può anche rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di condotte problematiche, tra cui la diminuzione delle capacità genitoriali, l’abuso di sostanze e la violenza domestica”. Inoltre sembra che, esista una connessione tra depressione paterna e sintomi depressivi nei figli adolescenti, può sembrare scontato ma e’ utile ricordarlo. 

https://www.stateofmind.it/2019/03/depressione-post-partum-nei-padri/

E’ tempo di chiudere ma se volete approfondire vi lascio altri links sotto, se invece ne volete parlare, non esitate a contattarmi. 

New Fathers Can Also Fall Prey to Postpartum Depression 

Forgotten fathers: New dads also at risk for postpartum depression: Study provides an in-depth look at new fathers’ experiences with PPD 

NON AVETE BISOGNO DELLO PSICOLOGO

 

Si, si’ davvero. Faccio pure giurin-giuretta baciandomi le dita incrociate.

Quindi, in questo post bisettimanale su links e informazioni utili vi svelerò masochisticamente come aiutarvi da soli. 

Cosa?!…scusatemi, mia nonna al solito visto che e’ mezza sorda mi urla come una forsennata dalla cucina: “Ma ti sei bevuto il cervello?!…così ti tiri la zappa sui piedi e perdi tutti i clienti! Gia’ c’e’ crisi! l’ho sempre detto che gli psicologi hanno qualche rotella fuori posto. Fatti curare!”…Io: “Ma nonna? Mi posso curare da solo?”.

Il mistero di mia nonna che legge il pensiero rimane un mistero e dunque da chiarire, se avete capacità soprannaturali mettetevi in contatto.

Anyway, tornando al discorso che stavo iniziando, non sono il solo a dirlo, molti colleghi sono d’accordo con me. Se avete qualche blocco o disequilibrio emotivo/mentale, non avete bisogno di un terapista. Lo aveva anche capito il padre della psicoterapia Freud, quando curo’ il famoso musicista Gustav Mahler con una sola seduta! La cosiddetta terapia a seduta singola, che diversi colleghi praticano e su cui sono stati anche scritti dei libri. Una seduta e poi vi aiutate da soli.

Ma veniamo alla ciccia. Come aiutarsi? Molte volte, potreste provare a fare qualcosa che non avete ancora fatto. Ponetevi delle domande sincere e rispondetevi onestamente. Banale? Forse, ma funziona.  

Volete un altro suggerimento da Monsieur Lapalisse? Cercate in rete risorse (autorevoli e fidate) che possano aiutarvi alla comprensione e superamento del vostro problema. Ma soprattutto, agite, agite sulla risoluzione del problema.

Insomma e’ un po’ come cucinare un uovo al tegamino, chi non ne e’ capace? o fare un po’ di DIY in casa, o cambiare l’olio alla macchina, o ricaricare la batteria. Ci sono cose semplici che si possono fare da soli, non si deve per forza essere chefs, idraulici, elettricisti o meccanici. Ovvio però che se volete una cena gourmet a 5 stelle, o esiste un danno al sistema idraulico o elettrico centrali, o un guasto al motore… Beh, allora forse e’ meglio chiamare un professionista. Chiaro no?

Ora per completare il post del suicidio professionale vi lascio anche dei links utili ma prima vi rinnovo la mia disponibilità ad una consultazione per capire se, davvero, nel vostro caso avete o meno un guasto al motore, emmmh…volevo dire un disequilibrio un po’ più complesso da gestire.

La prima cosa da fare e’ naturalmente seguire questo blog e la pagina facebook 😉

psicoterapeutaitalianoalondra

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Stress Emotivo: 10 Consigli per Superarlo e Scoprire la Resilienza

Il Primo portale italiano dedicato alla Terapia a Seduta Singola

‘It forced me to think in different ways about single-session therapy’ | The Psychologist

https://diventarefelici.it/problem-solving/

Ecco, ora passo e chiudo (bottega).

Il vostro (ex) psicoterapeuta italiano a Londra.

Edo